Sette anni più qualche mese fa sono venuta ad abitare in questa casa già ammobiliata alle porte di Roma, quella dalla quale ora sto scrivendo. Oltre ai mobili, c’erano anche un sacco di altre cose ad aspettarmi qui, in questo bilocale soppalcato, immerso nel verde dei tanti pini romani che circondano la zona. Erano tutte elencate in ordine alfabetico in una dettagliatissima lista allegata al contratto d’affitto e sottoscritta in calce da locatore e conduttore. Dal soggiorno con angolo cottura fino alla zona notte e passando per il bagno, ogni oggetto facente parte integrante dell’appartamento era sinteticamente descritto, catalogato in base al grado di obsolescenza e deterioramento, e poi inventariato. N. 12 posate con manico rosso; n. 6 piatti fondi bianchi; una caffettiera da tre; una tazza verde; una tazza gialla; una tazza azzurra; un apribottiglie; n. 2 caraffe in vetro; un frullatore; una lavatrice con carico verticale; n. 2 abat-jour…
Trovare delle cose già al loro posto ha facilitato un trasloco che non è stato solo un mero spostamento fisico da un luogo ad un altro, ma anche un significativo cambiamento di abitudini e di ritmi. È stato in quel periodo, in quello immediatamente successivo al trasferimento, che ho capito quanto fosse gratificante e divertente sperimentare nuovi piatti, che probabilmente in altre condizioni non avrei mai provato a cucinare. E sempre in quello stesso periodo, ho imparato a riprodurre i sapori di una cucina ubicata a circa trecento chilometri di distanza e quattro ore di treno.
E poi sono arrivata ai dolci. E sapete che vi dico? Una cosa molto ovvia, ma la dico lo stesso, e cioè che sfornare torte e biscotti ha davvero un notevole potere confortante. Dei frollini al cioccolato non sono soltanto un comfort food da sgranocchiare voracemente uno dopo l’altro, ma anche sporcarsi le mani con burro e farina nel prepararli può in alcuni momenti avere una forte valenza consolatoria.
Solo che per fare dolci si richiede un’accurata precisione nel dosare gli ingredienti. Precisione che si può ottenere solo con una bilancia. Bilancia che non era nell’elenco di cui sopra.
Ed è stato proprio nel post-trasloco che ho imparato a fare quello che secondo me è il più classico tra i dolci da forno, ovvero il ciambellone. Per ovviare alla mancanza di una bilancia ho usato la tecnica del vasetto di yogurt come dosatore. C’è chi la chiama torta dei sette vasetti, chi lo definisce un plumcake perché a base di yogurt. A me ricorda molto la tradizionale e soffice ciambella della nonna. Il procedimento è molto semplice, diciamo ad un livello principianti, ma il risultato è di grande soddisfazione, per chi è alle prime armi con i dolci. Il ciambellone allo yogurt nel mio caso è stata la spinta per provarne degli altri un po’ più elaborati, dopo essermi previamente munita di una bilancia per alimenti.
Dopo questa “breve” premessa, vi racconto come preparo il ciambellone allo yogurt. Se anche voi lo preparate così o conoscete delle varianti che prevedono altri ingredienti, commentate pure.
Ingredienti (per uno stampo da 24 cm):
- un vasetto di yogurt intero, senza pezzetti di frutta, da 115 g (io ne ho usato uno all’albicocca)
- 2 vasetti di zucchero di canna
- 2 vasetti di farina tipo “00”
- un vasetto di fecola di patate
- ½ vasetto di latte
- ½ vasetto di olio EVO
- 2 uova
- una bustina di lievito vanigliato
- un pizzico di sale
Operazioni preparatorie
Per prima cosa vado ad imburrare e infarinare lo stampo.
Poi accendo il forno statico a 180°.
Svuoto il vasetto, trasferendo lo yogurt in una tazza o in un altro contenitore.
Infine lavo il vasetto in maniera tale da avere subito pronto all’utilizzo il barattolino dosatore.
Procedimento
Inizio con il montare le uova con lo zucchero, ottenendo un composto come questo qui.
Aggiungo la farina “00” e la fecola di patate setacciandole con un colino a maglia fine. Poi verso il lievito vanigliato, anch’esso setacciandolo.
A questo punto metto tutti gli altri ingredienti: lo yogurt, il latte, l’olio e il pizzico di sale. Vado ad amalgamare il composto, lo verso nello stampo e inforno a 180° per circa 45-50 minuti. Il tempo di cottura varia a seconda del tipo di forno. Dato che la lista sopracitata, alla voce elettrodomestici, non includeva nessun forno, si è dovuto provvedere acquistando un forno esterno, della capacità di 26 litri, efficientissimo e con cui sforno praticamente tutto, ma che ci mette un po’ a cuocere. Facendo la prova stecchino, solitamente sforno il ciambellone dopo 50 minuti.
A cosa accompagnarlo
La foto qui sotto risale ad un pomeriggio di maggio (ve lo ricordate maggembre?) tendente, anziché alla primavera, all’autunno. In quel caso una tazza di tè caldo e una fettona fragrante di ciambellone appena sfornato si sono accompagnate vicendevolmente alla perfezione. (Attenzione però, non fate come me, non siate frettolosi e aspettate prima di affettarlo, altrimenti rischiate di sbriciolarlo. Fatelo prima raffreddare bene e poi tagliatelo.)
Tuttavia, a prescindere dalla stagione (e quindi in pieno inverno così come anche a Ferragosto*), secondo il mio modesto parere in fatto di colazioni, la mattina è il momento della giornata in cui questo dolce esplica al meglio la sua funzione. Ha una consistenza morbida e porosa, l’ideale per una super zuppetta nel caffellatte. Qui a casa siamo in due e il ciambellone allo yogurt dura mediamente il tempo di tre mattinate, tanto per dire.
*A proposito, tantissimi auguri di buon Ferragosto a tutti!